venerdì 18 gennaio 2008
Questa è la mia storia
Nessuna scuola ha aderito al Progetto Ania...
In fondo la Russia è lontana.
Proverò a scriverne...
E così parto da me.
Ho conosciuto Ania, le sue pagine, il suo lavoro, le sue idee grazie a mio zio.
Uno zio pazzerello come lo chiama qualcuno, appeso alle nuvole di un VI piano nel centro storico di Genova. Una mansardina con una libreria.
La libreria è la borsa di Mary Poppins in versione letteraria: riesce a ritrovarci qualsiasi cosa. Dalla guida turistica dell'entroterra del ponente ligure, al sistema economico socio-politico cinese, alle ricette di cucina, a....
Lo Zio, Ninetto, scrive. Si siede lì, dà le spalle alla scrivania, prende un foglio a quadretti e scrive. Penna, carta e francobollo. E scrive di quello che legge.
Un giorno mi arriva la lettera e il libro Cecenia: il disonore russo Fandango. Questo è da leggere, mi scrive; e al telefono me ne parla...
Prima, al solito, me lo frega Pasquale.
Poi lo riesco a leggere io. E mi appassiono, a lei, a quello che scrive, a questa storia. E mi ritornano in mente reportage lontani sulla Cecenia, bombe che si aprono dilaniano le persone bandite da tutti i paesi.
Ecco Ania non l'ho mai vista, la immagino cicciotta, coi capelli lunghi e scuri raccolti in una coda di cavallo morbida; molto mobile fisicamente, molto attiva, ma appesantita.
Leggo tutto, mi segno i nomi.
Ora, la mia storia vuole che abbia studiato il russo; per ironia della sorte o per una scelta materna, fatto sta che ho studiato al linguistico russo, nel mitico Deledda di Genova. E direi che dopo 5 anni, a parte non volerlo più continuare a studiare, è una lingua che sai.
E soprattutto si è dipanato il mondo russo. Da sterminata distesa di neve, ho scoperto che nascevano i mirtilli: i mirtilli!!!!!! In Russia. Che la Siberia è un luogo da mille tipi di temperature e climi, persino i più incontaminati e tropicali.
Siberia, Transiberiana, etc.etc. sono diventate le mie future mete.
Visitata Mosca e San Pietroburgo nel 92.
E nel 92, in una piccola casetta che mi ospitava la televisione non parlava altro che di guerra.
Nel 92 a Mosca il telegiornale non parlava altro che di guerra....
Ma quale guerra? chiesi...
sabato 22 dicembre 2007
mercoledì 12 dicembre 2007
Dalla Francia una voce critica su Putin
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lunedì 5 novembre 2007
La Russia
Un tempo pensavo ci fosse solo la neve e il freddo, mi colpì così tanto sapere che ci nascevano i mirtilli...
Che cos'è per noi, Europei, la Russia?
Come la viviamo, come la sentiamo?
Nell'Europa di oggi, la Russia non c'è, ma è sempre stata strettamente coinvolta con questa storia, col suo costituirsi e susseguirsi.
Ci sono le sue voci straordinarinarie, di Bulgakov con Maestro e Margherita, con Dostoevskji
Tra tutti, per tracciare questo ritratto mi viene da partire dalla seconda guerra mondiale, c'era anche allora, la Russia... Combatteva contro la Germania e l'Italia.
E mi viene in mente Sergente di Paolini, imperdibile spettacolo, che ci avvicina un po' al rapporto tra l'italia e la Russia...
Guardate un po' qui....
http://www.marcopaolini.it/files/index.cfm?id_rst=23
Da qui
La Russia.
La Cecenia.
La scelta di un singolo, la scelta forte di un singolo, il suo scontrarsi con dei muri appuntiti.
La gente che ci sta intorno.
Ci si pensa?
Nel provare a riscostruire i frammenti di questa vicenda pare si aprano baratri sugli abissi, ma con qualche fiore e fili d'erba appesi alle nuvole.
E forse ne vale la pena.
E' più facile non guardare e girarsi dall'altra parte, talora si ha l'illusione che la dimenticanza possa cancellare la realtà.
E costa fatica la realtà, soprattutto quando è ingiusta e violenta; costa fatica fare qualcosa, un qualcosa che disequilibri il quotidiano.
Però la vita acquista così la bellezza delle sfumature, l'importanza dei dettagli, il benessere dettato, come ci insegnava Socrate, semplicemente dall'onestà, dal farla, dal viverla, indignandosi dell'ingiustizia, faticando per testimoniarla.
E' una vita migliore, più felici, noi, di viverla.
Ritroveremo Ania tra un po' di tempo, prima, credo sia necessario attraversare qualche fiume...
venerdì 26 ottobre 2007
Chi era Ania?
L'estate scorsa è morto il nostro cane – vecchio, vecchissimo. Martin, un doberman di quindici anni, aveva vissuto a lungo per gli standard della sua razza. Era un cane magnifico che ci aveva difeso con onore per molti anni: durante il caos della perestrojka e poi nel periodo di banditismo totale, mentre si accumulavano capitali e crollavano le libertà.
Con lui ci sentivamo come dietro a una schiera di guardie del corpo: adorava i nostri amici, individuava immediatamente i malintenzionati e li cacciava senza esitazioni, però non mordeva mai nessuno. Sotto gli occhi di Martin litigavamo, ci riappacificavamo, ci ritrovavamo, ci lasciavamo.
E lui ci amava disperatamente, a volte sembrava sopraffatto da questo amore. Martin ha smesso di servirci solo negli ultimi 45 minuti della sua vita, quando si è sdraiato e ha perso conoscenza. Allora siamo stati noi a servire lui: gli abbiamo tenuto le mani sul cuore finché ha smesso di battere.
Poi ci sono stati sei mesi di tortura. Vivere senza un cane era come vivere senza una capsula dell'amore ad azione continua impiantata sotto pelle.
Ed ecco che i miei figli hanno trovato su internet un annuncio fantastico. Da un lato questo cane non somigliava a Martin – per noi era un punto irrinunciabile. Dall'altro non aveva il pelo lungo – anche questo era importante, eravamo abituati così. Infine, secondo le informazioni raccolte, era un animale socievole e affettuoso.
Un cucciolo bloodhound. Per chi non lo conosce è un cane con le zampe grosse, gli occhi perennemente tristi e le orecchie lunghe.
Andiamo al negozio. La commessa continua a ripetere: "Questo maschietto è semplicemente una meraviglia. Il migliore della cucciolata". Il "migliore" non smette un attimo di fare pipì. Ci guarda e fa subito pipì. Però è tenerissimo, giocherellone – prendetemi, vi prego. E questo decide tutto: implora da stringere il cuore.
"Quattro mesi. Ha ancora diritto di far pipì", ripete la donna con voce stridula.
A casa lo abbiamo ribattezzato Van Gogh, al posto dello stupido Hagard che gli aveva affibbiato la venditrice. E cominciamo a vivere insieme. Ben presto è chiaro che Van Gogh non fa pipì in continuazione: è una vera e propria macchina per la minzione. Appena vede un estraneo, ecco una pozzanghera. Che fare?
Abbiamo smesso di invitare esseri umani in casa (eccetto i parenti), sperando che l'abitudine gli sarebbe passata. In quanto ad alzare la voce di mezzo tono – non dico gridare, per carità, ma appena un lieve aumento di volume – neanche a parlarne: subito un fiume.
Appena fa uno schizzetto, Van Gogh comincia ad agitarsi per la paura, si nasconde o, peggio, lo lecca, cercando di eliminare le tracce. Portarlo fuori? Van Gogh, ce ne accorgiamo subito, odia la strada, tutto gli fa orrore. Il momento migliore della passeggiata è quando varchiamo il portone, l'ascensore, la soglia del nostro appartamento. Appena riprendiamo la via di casa rizza subito la coda, felice. La nostra casa è diventata la sua fortezza.
Tutto in vendita
Nella clinica veterinaria ci dicono che non ha quattro mesi, ma almeno cinque, e ci chiedono: "Lo sapete perché la commessa gli ha abbassato l'età?". "Perché?". "Per convincervi a prenderlo. I cani grandi non li vuole nessuno – spesso hanno già imparato qualcosa, e non è detto che sia qualcosa di buono".
Ed è proprio così. I veterinari hanno anche trovato della renella nella vescica di Van Gogh. Le analisi sono costate più di dodicimila rubli. Più altri duemila per gli antibiotici per curare l'infiammazione. Secondo il dottore, in età così giovanile (negli esseri umani e nelle bestie, la renella e i calcoli sono appannaggio degli anziani) il problema è provocato da una cattiva alimentazione imposta da molti allevatori e commercianti.
Proprio quando il cucciolo va nutrito bene, gli danno quello che capita e così gli alterano il metabolismo. Ma l'essenziale è smerciarlo, confondere le idee ai futuri padroni e tanti saluti. È gente che finge affetto, insiste il dottore, ma in realtà è nemica degli animali, rovina i cani per sempre.
Per-sem-pre. È stato l'avviso numero uno. Intanto era chiaro che Van Gogh si aggrappava a noi come a una zattera. Aveva sempre più paura di chiunque entrasse in casa. E il terrore per gli estranei cresceva con lui – ormai era grande e grosso, e i suoi tentativi di nascondersi dietro di noi diventavano maniacali. Immaginate la scena: qualcuno si avvicina, ci passa accanto per strada, e lui subito dietro di me. Un bestione con le zampe possenti. Non abbaia, non ulula. Si limita a guardare gli estranei con un terrore tale da spaventare anche te.
E alla fine abbiamo capito: aveva paura che lo portassero via. Erano stati degli uomini a portarlo via. Ed erano diventati nemici. Per-sem-pre. Di nuovo. Adesso il quadro era più chiaro: ci era capitato un cane con gravi problemi psichici. Cosa c'è di peggio? Non era lui a difendere noi, ma noi a dover difendere lui...
Chiamo il negozio: cos'è successo al cane? No, non telefono per reclamare: voglio saperlo solo per aiutare il cane e noi. E la commessa cede: prima che lo prendessimo noi, il cane era stato rifiutato due volte. Non aveva idea di cosa fosse successo, dove lo avevano portato e perché non lo avevano voluto. Ma lo avevano picchiato. E lo avevano picchiato degli uomini. Lo avevano spaventato. E poi lo avevano scaricato. Non c'erano dubbi: bisognava trovare uno psicologo o un addestratore.
Gli psicologi più economici costano 1.300 rubli a visita. Per questa somma danno consigli di questo tenore: andare in vacanza, passare più tempo all'aria aperta, riposarsi, cambiare casa, ambiente, città, paese… Ma non li danno tutti insieme. Ogni consiglio 1.300 rubli. Uff! La missione era materialmente impossibile. Ripiegammo sugli addestratori. Katja – della ditta Cane intelligente, oppure Amico fedele, costo 500 rubli all'ora – diceva di lavorare soltanto con i "cani dell'élite" (non con cani d'élite, ma con cani di gente ricca), e aveva l'agenda piena di appuntamenti.
Però è riuscita a trovare un ritaglio di tempo. Erano le sette del mattino quando è arrivata da noi, ancora mezza addormentata. Con le mani in tasca ha cominciato a darmi ordini: vai là, fai questo e quest'altro. Niente di elitario: solo quello che c'è scritto in qualunque manuale sull'addestramento dei cani.
Addestratrice noglobal
Quindici minuti prima della fine della lezione, e malgrado il suo aspetto noglobal – maglietta nera, stivaletti e bandana – Katja ha preteso molto globalisticamente i suoi 500 rubli, sbuffando con disprezzo quando le abbiamo fatto notare che le rimaneva ancora un quarto d'ora di lavoro. Non ci siamo più rivisti.
La seconda e la terza addestratrice sono state assolutamente identiche alla prima per qualità degli esercizi, però la tariffa era più alta: 700 e 900 rubli per la stessa ora scarsa. Non era più possibile buttare altri soldi dalla finestra, tanto più che la vescica di Van Gogh continuava a costarci migliaia di rubli. Così la vita è ripresa a scorrere come prima.
Van Gogh continuava ad avere il terrore di tutto, e io continuavo a difenderlo da tutto. Dagli uomini, dagli oggetti sconosciuti, dallo stridio della serranda del garage, dalle frenate delle macchine e dagli uomini che ci passavano accanto.
Fedele per sempre
Man mano che cresceva, i problemi aumentavano. Nel nostro quartiere, per raggiungere il giardinetto riservato ai cani bisogna attraversare una strada molto trafficata e senza semaforo. In pratica bisogna tuffarsi in un fiume di macchine che non hanno l'abitudine di rallentare.
Prima di arrivare alle strisce pedonali Van Gogh, terrorizzato, si lasciava cadere a terra e io dovevo prenderlo in braccio oppure trascinarlo: 40-50 chili di massa viva che si impuntavano disperatamente. Dopo una passeggiata di questo tipo lo sbalzo di pressione era garantito.
Ma un cane con il metabolismo irregolare, la renella e problemi di socializzazione deve assolutamente trascorrere un po' di tempo in compagnia dei suoi simili.
Allora ho deciso di caricare Van Gogh sulla mia auto per trasportarlo dall'altra parte della strada. Nel giardinetto corre timoroso senza dare troppa confidenza agli altri cani, anche se qualche volta ci gioca. In compenso si muove, annusa, si tranquillizza.
Ma la sua maggiore occupazione è guardare con nostalgia la nostra auto. E appena apro lo sportello, lui salta allegramente sul sedile posteriore. Adora viaggiare in macchina, o anche soltanto starci seduto dentro. Un piccolo spazio chiuso e isolato dal resto del mondo dove esistono solo lui e la sua padrona. Per Van Gogh è il territorio più sicuro al mondo.
Si calma immediatamente, osserva felice la vita al di là del finestrino, il suo sguardo si rasserena, avvicina le orecchie al parabrezza posteriore e può perfino addormentarsi. Tutte le paure sono scomparse. Salta fuori dalla macchina e si infila subito nel portone del palazzo, corre verso l'ascensore – dai che siamo quasi arrivati e… finalmente: la mia casa, la mia fortezza.
Anche la mia pressione per il momento è tornata normale. Ma si può andare avanti così? I veterinari ormai si esprimono senza mezzi termini: lo sopprima. Lo stesso dicono amici e colleghi: perché tormentarsi in questo modo? Dopo tutto è un cane, non un essere umano. Dallo via. È solo un'elegante figura retorica per dire la stessa cosa: sopprimilo.
Chi volete che se ne occupi, se non chi si è già affezionato con tutta l'anima a questo essere con le orecchie grandi e gli occhi malinconici, che non ha colpa di nulla.
In una grande città il destino di un cane malato, se il suo padrone non ha i mezzi per curarlo e mantenerlo, è essere soppresso. Il mondo, che è diventato crudele con tutte le persone in difficoltà (disabili, orfani, malati), è diventato altrettanto crudele con gli animali. È naturale, non potrebbe essere diversamente. Per capire fino a che punto l'odore dei soldi ci rende feroci basta portare a spasso un cane malato.
Non appartengo alla tribù degli animalisti folli, quelli che amano i cani più degli uomini. Io gli uomini li amo più dei cani. Ma non sono capace di tradire. Soprattutto se so che quell'essere vivente non sopravviverebbe a un altro abbandono: morirebbe senza di me. È completamente in mio potere, fino all'ultimo pelo del suo lungo orecchio setoso. Come è in potere di chiunque se lo ritrovi tra le mani per un capriccio della sorte.
Il mondo dei ricchi
Questa casta sempre più numerosa dei cani abbandonati, fratelli di Van Gogh, è stata generata dal mondo dei ricchi. Li comprano come se fossero un giocattolo – ci si divertono un po', si stufano, gli mollano un calcio.
Ignorano il valore dei soldi proprio come ignorano il valore di un essere vivente che ti è fedele fino alla fine. So bene cosa mi si potrebbe obiettare: non tutti i ricchi sono così cattivi, non tutti i veterinari sono degli squartatori. Certo. Ma allora perché da noi si vedono branchi di cani di razza che cercano rifugio negli androni?
È di nuovo sera. Giro la chiave nella serratura e… Van Gogh mi vola addosso, sempre e comunque. Anche se gli fa male la pancia, anche se stava dormendo profondamente, qualunque cosa abbia mangiato. La fonte di un affettuoso moto perpetuo. Tutti ti piantano, tutti si stancano di te – il cane non smette mai di amarti.
E io lo prendo, lo carico in macchina, lo trasporto dall'altro lato della strada, corro al suo fianco per farlo saltare un po' con gli altri cani, gli faccio vedere come bisogna giocare con loro, striscio con lui lungo il percorso a ostacoli per fargli vincere la paura, lo accompagno vicino a uomini sconosciuti, prendo la loro mano, con la loro mano accarezzo le orecchie di Van Gogh e gli ripeto che sono buoni.
giovedì 25 ottobre 2007
Iniziamo
Ecco dunque la prima collaborazione con la Novaya Gazeta. La traduzione dell'articolo apparso subito dopo l'omicidio di Anna Politkovskaja: Ania, da qui anche il nome del nostro Progetto.
Per l'articolo in russo
Sabato 7 ottobre, nel condominio dove abitava, è stata uccisa la reporter della "Novaja Gazeta" Anna Politkovskaja.
Era bella. E col passare degli anni diventava semplicemente più bella. Sapete perché?All'inizio riceviamo da Dio un viso come un insieme senza forma, e solo dopo lo costruiamo, a seconda di come viviamo.
Si dice che con con la maturità nel viso inizi a trapelare l'anima. E' la sua anima - bella.
Era femminile. Capace, incantevolmente di ridere per un bello scherzo così come di piangere per un'ingiustizia nei confronti di chi non centra. La prendeva come una questione personale e si batteva contro sino alle ultime possibilità.
Era incredibilmente coraggiosa, laddove i più coraggiosi sono considerati i forti nei mezzi blindati, attorniati da guardie del corpo.
La minacciavano, hanno tentato di intimorirla, la sorvegliavano, la perquisivano. I "nostri" militari, i paracadutisti, l'hanno arrestata in Cecenia e minacciata di fucilarla. L'hanno avvelenata mentre era in volo per Beslan. E' sopravvissuta a stento. E sebbene non si fosse ancora rimessa, con più forza si indignava e lottava contro tutto ciò che feriva la sua coscienza.
Molti, perfino i ben intenzionati della "Novaja Gazeta" talora dicevano: Ma la vostra Politkovskaja - ora esagera! Nessuna esagerazione! Lei ha sempre scritto la verità. Di altri era la responsabilità per cui questa verità fosse così terribile. Da qui - quasi una reazione difensiva - il ora esagera! Anche nella nostra redazione…
Probabilmente è la cosa più difficile per le persone comuni non voltare le spalle a ciò che è tanto terribile. Ma se si guarda il male dritto negli occhi, esso non può sostenere questo sguardo e svanisce. Ania guardava il male dritto negli occhi. E, forse, proprio per questo usciva vincitrice da situazioni tanto difficili. E , forse, proprio per questo è rimasta viva là, dove uno sguardo abbassato non sopravvivrebbe.
Per noi lei è e rimane viva. Non si rassegneremo mai alla morte della nostra Ania. E, se nessun altro prenderà la responsabilità di un omicidio tanto efferato - nel centro di Mosca, in pieno giorno - noi stessi troveremo gli assassini. Sospettiamo dove si trovino.
A che livello è l'indipendenza dei mass-media in Russia? Se ne parla in Europa e in America: nella Novaja Gazeta, negli ultimi anni sono stati uccisi 3 giornalisti fondamentali:
Igor Domnikov - i suoi assassini, grazie allo sforzo congiunto di stimati giudici istruttori e dello stesso giornale - sono comparsi davanti al tribunale.
Iuri Sceconcihin - ancora viene negato ai familiari il legittimo diritto di essere informati sui risultati dell'autopsia. Ma noi continuiamo le indagini e gli assassini saranno punti.
Ora la nostra Anna Politkovskaja…Hanno ucciso non solo una giornalista, difensore della giustizia e della legalità, una cittadina, hanno ucciso questa donna e mamma così bella.
Finché ci sarà la "Novaja Gazeta" i suoi assassini non dormiranno sonni tranquilli.
"Novaja Gazeta"
09.10.2006